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       Articolo
      tratto da Nimbus
         - RIVISTA DI METEOROLOGIA, CLIMA E GHIACCIAI  
      www.nimbus.it 
       
             FAQ - DOMANDE E RISPOSTE SU METEO, CLIMA E GHIACCIAI -
      29 Agosto 2001 
            CHE COSA E' LA DIFESA CONTRO LA GRANDINE ? 
      Luca Mercalli - Società Meteorologica Italiana 
        
        
      
            Il problema della grandine non è dei più banali, sia sotto il            profilo predittivo, sia sotto quello
      osservativo. Si tratta di un  
            fenomeno assai variabile nel tempo e nello spazio, associato ai            temporali, strutture meteorologiche già di per loro bizzarre e  
            difficilmente prevedibili. L'attività grandinigena di una cella temporalesca costituisce            un'ulteriore incertezza, per la quale non è possibile identificare a            priori se, dove e quando grandinerà, ma solo ipotizzare l'esistenza            di condizioni favorevoli al verificarsi del fenomeno. La previsione            a brevissima scadenza (1-4 ore), detta
      nowcasting, è in grado di            fornire qualche ragguaglio in più grazie alle immagini dei radar            meteo, che tuttavia, consentono un anticipo di previsione            dell'ordine di poche decine di
      minuti (cristalli di ghiaccio nella            sommità della nube già in formazione per essere scoperti dagli echi            radar), e 
      quindi  difficilmente utilizzabile a fini pratici (problemi            nella diffusione rapida delle informazioni e impossibilità di            attuare eventuali contromisure in tempo utile).
      Pertanto non ci sono modelli matematici in grado di fornire una  
            previsione mirata per la grandine, e dai quotidiani o dai vari            bollettini presenti in internet si può solo essere attenti alle            situazioni propizie ad elevata
      attività temporalesca, nelle quali la probabilità di formazione di            grandine è la maggiore. 
           Diversa la previsione statistica dell'incidenza del fenomeno a scala            geografica (frequenza e intensità), teoricamente fattibile, in            pratica non applicabile. Le osservazioni della grandine risultano
      infatti generalmente            frammentarie, irregolari e incomplete. Solo poche regioni, come            l'Emilia Romagna e il Friuli e Trentino, da qualche anno si sono            dotate di reti di
      "hailpads", pannelli di poliuretano che colpiti            dalla grandine
      consentono una misura quantitativa del fenomeno (numero e dimensioni dei            chicchi). Ma si tratta di esperienze ancora troppo limitate per            giungere all'elaborazione di una vera e propria carta della            frequenza della grandine in Italia. Dopo tutto, la fonte più            completa, qualora fosse disponibile, sarebbe proprio
      l'elaborazione            complessiva di tutte le segnalazioni di danni periziati dalle            assicurazioni, ma anche qui, la dispersione dei dati e degli enti, e            le differenti metodologie di interpretazione rendono tale impresa            quasi irrealizzabile. 
            Insomma, si spendono un sacco di soldi per pagare i danni, per            attrezzare le colture con metodi di difesa passiva e in qualche caso            addirittura attiva (cannoni e simili - ormai palesemente rifiutati            dalla scienza ufficiale come del tutto inefficaci - vedono ancora            sacche di ostinati seguaci amanti dei botti anche oltre il            Capodanno...), e non si investe una modesta parte di queste risorse            nell'attività più utile e facilmente attuabile: l'osservazione e la            conoscenza di base del fenomeno grandinigeno con un programma            omogeneo su base nazionale... forse in futuro!  
       
            Che cosa sono i cannoni antigrandine? 
            I cannoni anti-grandine sono uno dei tanti mezzi studiati per            combattere questa dannoso fenomeno meteorologico. 
      Il presunto principio di funzionamento consiste :              nella frantumazione del chicco di grandine mediante onde d'urto              acustiche prodotte al suolo              nella frantumazione del chicco di grandine mediante onde d'urto              acustiche prodotte dall'esplosione di un razzo inviato nella nube              dall'inseminazione della nube con particelle microscopiche              liberate dall'esplosione ad alta quota di un razzo .            L'epopea dei cannoni antigrandine ha ormai più di un secolo. Fu            Albert
      Stiger, sindaco della città austriaca di Windisch-Feistritz,            noto viticultore che nel 1896 concepì un primo cannone antigrandine            la cui base di funzionamento secondo alcune fonti, era di tipo            acustico
      (BATTAN, 1969), secondo altre producevano denso fumo le cui  
            particelle avrebbero dovuto fluire nella nube fornendo nuclei di            condensazione supplementari per nutrire la "competizione benefica"            aumentando la dispersione delle gocce
      (AMS, 1981). Questo secondo principio è l'unico oggi ritenuto scientificamente            sensato, ma la dispersione dell'aerosol nucleante (di solito ioduro  
            d'argento) può dare effetti solo se avviene con mezzi aerei            all'interno o al di sopra della nube in opportuni momenti critici  
            della formazione dei primi cristalli di ghiaccio. Tornando a Stiger nell'estate del 1896 egli mise in servizio sei  
            cannoni e quell'anno non venne grandine... Sull'onda dell'entusiasmo            l'anno successivo altri trenta cannoni furono installati nelle            vicinanze, e anche
      quell'anno non ci fu grandine. Nel 1899 già            duemila cannoni antigrandine tuonavano nel nord Italia; e giunsero a            settemila installazioni nel 1900; il cannone
      "Stiger" cominciò a            diffondersi anche in Russia, Spagna, America ed Australia. Ma pochi            anni dopo i risultati cominciarono ad essere contraddittori: in            alcune località equipaggiate di cannoni si registrò meno grandine,            in altre di più. La spiegazione fu prontamente trovata attribuendo i            risultati negativi a un insufficiente o maldestro uso dei cannoni.
      Nel 1902 il governo austriaco ancora non era convinto dell'efficacia            del metodo, inoltre era
      preoccupato dell'elevato numero di incidenti            causati dai cannoni: nella sola campagna del 1900, per esempio, vi  
      furono undici morti e sessanta feriti. Nel 1902 a Graz una conferenza internazionale fu così chiamata a            valutare la funzionalità di questo approccio di difesa attiva contro            la grandine, e concluse che il metodo  non poteva essere ritenuto            valido se non a fronte di una verifica statisticamente probante.            Furono scelte due aree test, una in Austria
      (Windisch-Feistritz) e            l'altra in Italia (Castel-Veneto), e dopo due anni di attività            l'inefficacia dei cannoni nel prevenire la grandine fu            definitivamente dimostrata dall'occorrenza di alcune tempeste            distruttive su entrambe le aree.            Esiste un'ampia letteratura scientifica, in particolare gli  
            esperimenti italo-russo-elvetici degli anni 70-80 (campagna            GROSSVERSUCH
      IV), che ha dimostrato l'inutilità (o quanto meno,            l'impossibilità di dimostrare l'efficacia) dei metodi di difesa            attiva contro la grandine non avio-trasportati. 
           Il  10 luglio 1990 un piccolo comune dell'Astigiano aveva un            centinaio di milioni in eccedenza sul bilancio comunale. I contadini            chiesero di impiegare queste risorse finanziarie per installare una            rete di cannoni antigrandine. Fui chiamato dal sindaco per            illustrare al pubblico l'inutilità di questi arcaici dispositivi            (furono usati per la prima volta attorno al 1905) La sala era            gremita, parlai di cumulonembi, di calore di condensazione, di            energia liberata e di come più del botto facesse una buona  
            assicurazione antigrandine e magari un buon studio climatologico            della distribuzione e frequenza della grandine finanziato da una            piccola percentuale di quei fondi. Uscii scortato dai vigili urbani,            tra il vociare della folla di agricoltori inferociti colpiti nel più            profondo delle loro convinzioni sulla lotta alla grandine. A
      tutt'oggi sono ancora molte le località, dalle Langhe alla bassa Val            d'Aosta alla
      Padania, dove si impiegano cannoni antigrandine "fai da            te", ma ancora si ignora una banale informazione: quante sono e dove            colpiscono le
      grandinate. 
       
            Bibliografia 
            BATTAN L.J. - 1969 - Harvesting the clouds. Doubleday C., New  
            York, P.17. 
            AMS-American Meteorological Society Bullettin, March 1981-"History  
      repeated: the forgotten hail cannons of Europe"  
      
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